Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge si pone come naturale completamento, sul versante giuridico-istituzionale e organizzativo-gestionale, di quanto contenuto nella legge delega 28 marzo 2003, n. 53, che definisce le norme generali sulle prestazioni in materia di istruzione e di formazione professionale per i vari ordini e gradi di scuola. Le profonde innovazioni apportate che ridisegnano dalle fondamenta tutto l'assetto degli ordinamenti scolastici, esigono che, contestualmente e secondo la medesima visione politica della riforma, sia definito un corrispondente nuovo sistema giuridico-istituzionale e organizzativo-gestionale che adegui l'attuale sistema nazionale di istruzione alle inderogabili esigenze della medesima riforma, ancora in fase di compiuta definizione normativa.
Determinato il nuovo «statuto» degli ordinamenti scolastici, coerentemente e conseguentemente va ridefinito lo «statuto» del sistema nazionale di istruzione.
La presente proposta di legge, congiuntamente ai contenuti della legge n. 53 del 2003, ha la valenza di un progetto politico diretto a definire - nella sua compiutezza - un progetto di scuola, in regime di autonomia e nella previsione di un assetto federalista dello Stato.
Avviato il vasto e profondo processo di rinnovamento di tutta la scuola italiana, in parallelo e contestualmente vanno ridefiniti i profili istituzionali e normativi di tutto il nuovo sistema, ancora ampiamente in fieri. Dare una direzione di marcia condivisa a tutto il processo innovativo in atto diventa, allora, una esigenza politica non più eludibile.
La legge n. 53 del 2003 abbatte, d'un sol colpo, oltre mezzo secolo di discontinuità normativa proprio in tema di definizione di piani e programmi di studio. I
La necessità di un «progetto politico» per il governo del sistema nazionale di istruzione, in regime di autonomia, nella previsione di un assetto federalista dello Stato.
È in atto, dalla fine degli anni '80, una riforma globale della pubblica amministrazione, che sta ridisegnando dalle fondamenta tutto l'assetto istituzionale e organizzativo dello Stato, scuola compresa, cercando di dare ad esso una nuova identità e un nuovo ruolo politico. L'opera di riforma, comunque, non è ancora compiuta. Le ulteriori scelte di fondo non risultano ancora sufficientemente definite, dibattute e condivise. Ci sono ancora, in materia, contraddizioni profonde proprio sui profili istituzionali e organizzativi da dare ai nuovi assetti. Tuttavia, la previsione di una struttura federalista dello Stato non sembra più contestabile; rientra nella comune, e condivisa, previsione politica.
All'interno di un tale processo evolutivo si situano, oggi, il «sistema nazionale di istruzione» e il nuovo sistema di autonomia della scuola, per come risultano definiti in attuazione dell'articolo 5 della Costituzione e dell'articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59, i cui principali provvedimenti attuativi risultano essere il decreto legislativo 6 marzo 1998, n. 59, sul conferimento della qualifica dirigenziale ai capi di istituto; il regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, ai sensi dell'articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275; il regolamento concernente le «Istruzioni generali sulla gestione amministrativo-contabile delle istituzioni scolastiche», di cui al decreto del Ministro della pubblica istruzione 1o febbraio 2001, n. 44, e la legge 10 marzo 2000, n. 62, sulla parità scolastica.
Nuovo «sistema» ancora in fase di compiuta definizione normativa, in quanto mancante della riforma degli organi collegiali interni all'istituzione scolastica, ai quali assegnare un ruolo strategico fondante per il «progetto di scuola» che si vuole realizzare. Di qui la necessità di una legge di riforma - non più dilazionabile - che disegni un assetto di poteri d'azione e spazi d'azione - fatto di pesi e contrappesi - che consenta ad ogni singola istituzione di adempiere per il conseguimento delle finalità poste. Poteri e spazi come segno distintivo di una autonomia di gestione che radica il proprio divenire storico nella multiforme realtà sociale dei diversi contesti territoriali, tuttavia all'interno di una visione unitaria di «sistema nazionale».
Ad oggi - alla luce della normativa citata - la configurazione istituzionale,
ogni istituzione scolastica è ente di diritto pubblico, in quanto fornita di personalità giuridica di diritto pubblico, con una propria rappresentanza legale;
ogni istituzione scolastica è organizzata attraverso modelli di autonomia: autonomia didattica; autonomia organizzativa; autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo; autonomia finanziaria e autonomia negoziale;
ogni istituzione scolastica ha come suo preposto stabile (titolare) un dirigente scolastico, al quale fa anche capo la «responsabilità di risultati». Dirigenza scolastica che ha - a propria fonte generativa - la funzione docente ai sensi dell'articolo 33, primo comma, della Costituzione. La dirigenza scolastica, infatti, viene prevista (articolo 21, comma 16, della legge n. 59 del 1997) nel rispetto della libertà di insegnamento e delle competenze degli organi collegiali scolastici.
Infine: «Le istituzioni scolastiche sono espressioni di autonomia funzionale (...)» (articolo 1, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 275 del 1999). Ai fini della definizione di una «Disciplina del sistema nazionale di istruzione» tale qualificazione acquista rilievo determinante.
In campo giuridico le autonomie funzionali sono rappresentate da enti pubblici dotati di una peculiare forma di autonomia sia dallo Stato che dagli altri enti territoriali e locali. Oggi siamo in presenza di tipologie di enti pubblici costituenti una sorta di tertium genus tra lo Stato-persona e l'ente territoriale.
Si afferma, così, un principio profondamente innovativo, avente rilievo costituzionale alla luce dell'articolo 2 della Costituzione (la scuola è una formazione sociale). La devoluzione di funzioni dal centro agli organi più prossimi ai destinatari dell'azione amministrativa, non necessariamente deve seguire gli schemi organizzativi dello Stato-persona: dal centro alle regioni, alle province, ai comuni e agli altri enti locali, ma - ove ricorrano determinati presupposti - detta devoluzione si concretizza in modelli di autorganizzazione di gruppi sociali, cioè costruiti su settori di interessi di categorie sociali non aventi rilievo specificatamente territoriale, che cioè non si esauriscono all'interno dell'ente locale. Nel caso in esame, la finalità istituzionale del pubblico servizio scolastico (definito come «sistema nazionale di istruzione») - che è quella di educare, formare anche professionalmente ed istruire il soggetto discente - non si esaurisce nei confini di questo o quell'ente territoriale, ma rappresenta un principio fondante della nostra democrazia politica, costituendo il «sistema» un servizio da rendere alla persona e al Paese. Altro problema è che tale «servizio» debba essere reso in rapporto alle differenziate esigenze sociali rilevate in situazione, ma a ciò soccorre l'organizzazione autonoma delle istituzioni scolastiche (articolo 21 della legge n. 59 del 1997 e regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 275 del 1999).
Di qui la riserva di legge prevista in materia (nel senso della esclusione del conferimento alle regioni e agli enti locali di funzioni e compiti riconducibili ad una serie di materie tra cui «istruzione universitaria, ordinamenti scolastici, programmi scolastici, organizzazione generale dell'istruzione scolastica e stato giuridico del personale» - articolo 1, comma 3, lettera q), della legge n. 59 del 1997).
La libertà e l'autonomia della scuola, la libertà e l'autonomia della funzione docente e la libertà e l'autonomia del soggetto che apprende non sono state messe - dal legislatore costituente - nella disponibilità del potere esecutivo, sia centrale che locale.
Nella legge di delega n. 59 del 1997, il legislatore utilizza la formula dell'autonomia funzionale sia come categoria di carattere generale riferita ad enti cui il legislatore attribuisce - in autonomia - funzioni e compiti amministrativi sottratti alle regioni e agli enti territoriali e locali, sia in considerazione a specifici istituti
La dimensione «nazionale» e unitaria del servizio di istruzione.
In sede costituente fu affermato che: «La scuola è il massimo e, dirò, l'unico organismo che garantisce l'unità nazionale (...) Allo Stato ne spettano dunque l'ordinamento e la attuazione, perché lo Stato è l'unico organismo che abbia tutti i mezzi e tutti i poteri per assolvere a quest'opera capitale in tutte le contrade d'Italia» (C. Marchesi, A.C., pagine 3203-4).
In un documento del 16 ottobre 2003: «Valorizzare la professione degli insegnanti e modernizzare il management della scuola - Il punto di vista degli imprenditori» (Confindustria - Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca), sottoscritto dai Presidenti delle associazioni industriali di Austria, Danimarca, Germania, Italia, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna e Svezia, si afferma, tra l'altro, che: «Bisogna tener conto che il sistema educativo non contribuisce solo alla crescita economica, ma anche alla coesione sociale e all'identità culturale del Paese, il che comporta un'educazione comune in tutta la nazione».
Identità culturale ed educazione comune che stanno a significare, quantomeno, valori di fondo condivisi, pur nella diversità dei contesti territoriali. Diversità, comunque, da porre a base del diritto di eguaglianza sostanziale. Non è certamente la singola diversità fine a se stessa che può garantire tale diritto a tutti «senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali» (articolo 3, primo comma, della Costituzione). È nel «Paese» e nella «Nazione», così intesi, che devono trovare equo contemperamento le diversità territoriali, in nome di un bene comune e di una pace sociale che sono la sostanza stessa di ogni democrazia. «Paese», «Nazione» e «diversità» che, ormai, hanno anche una casa comune europea, costituita - anch'essa - da «Paesi», «Nazioni» e «diversità» che devono coesistere, collaborare ed equamente comporsi nel tempo e nello spazio.
In buona sostanza, il sistema politico del federalismo è un problema che richiede un nuovo assetto delle libertà in una società complessa e nuovi modelli organizzativi di esse. Va superato l'uniformismo centralistico sia delle istituzioni che dei partiti, restituendo credibilità e fiducia al mandato della rappresentanza politica e garantendo una effettiva partecipazione dei cittadini ai vari livelli territoriali.
Riconoscimento, garanzia e tutela della diversità dei contesti territoriali e del diritto di eguaglianza sostanziale. Il principio di sussidiarietà.
L'eguaglianza sostanziale è conseguibile a condizione che il relativo diritto ponga a proprio fondamento il riconoscimento della diversità di condizioni personali, sociali ed economiche di tutti e di ciascuno. Ove ciò non fosse praticato, il citato detto diritto scadrebbe ad egualitarismo.
In tale previsione, il federalismo deve tradursi in un nuovo disegno strategico delle libertà democratiche dislocate nel territorio e in una conseguente struttura organizzativa dello Stato attuativa di tale disegno, decisamente adatta a dare spazi
Ridefinizione degli ambiti operativi dell'autonomia delle istituzioni scolastiche nel territorio.
Il ridisegno complessivo del sistema delle autonomie è fatto, ormai, ineludibile (regioni, province, comuni, enti pubblici, enti in regime di autonomia funzionale). In tale previsione, ogni istituzione scolastica deve essere messa tendenzialmente in grado di soddisfare tutta la gamma dei bisogni formativi che quotidianamente emergono dal tessuto sociale e che richiedono di essere soddisfatti per più ragioni (per esigenze della persona, per esigenze sociali, per esigenze specifiche del mondo del lavoro e della produzione). Necessario, allora, che il nuovo sistema di autonomia della scuola, nato in attuazione dell'articolo 5 della Costituzione e dell'articolo 21 della legge delega 15 marzo 1997, n. 59, sia fatto evolvere verso una formula organizzativa che abbia tutti i poteri d'azione e gli spazi d'azione necessari al conseguimento della finalità di scopo da conseguire, ciò essendo proprio e tipico degli enti pubblici in regime di autonomia funzionale. Di qui una più penetrante e puntuale visione strategica e operativa delle istituzioni scolastiche, in quanto elementi costituenti del sistema nazionale di istruzione.
Nuova strategia e nuovo assetto che vanno a coinvolgere:
a) i contenuti di merito delle attribuzioni già conferite e da conferire alle istituzioni scolastiche;
b) il reperimento delle risorse finanziarie e strumentali;
c) il riordino dell'assetto di status del personale docente, dirigente, ispettivo tecnico e, per taluni aspetti, del personale amministrativo, tecnico e ausiliario coerentemente al nuovo profilo istituzionale del sistema nazionale di istruzione e delle stesse istituzioni scolastiche;
d) le attribuzioni, in tema di organizzazione del sistema nazionale di istruzione nel territorio, di regioni, di province, e di comuni e il sistema delle relazione tra detti enti e le istituzioni scolastiche.
La definizione degli standard della prestazione didattica, in rapporto ai vari ordini e gradi di scuola frequentati.
Il processo di democratizzazione della pubblica amministrazione, avviato - alla fine degli anni '80 - con la legge 7 agosto 1990, n. 241, detta «legge sulla trasparenza», segna il passaggio epocale dalla vecchia cultura degli atti, o del formalismo giuridico (che si concretizza nella sola responsabilità degli atti), ad una cultura dei risultati, o degli obiettivi, con una conseguente responsabilità proprio in ordine ai risultati da assicurare agli utenti.
Con la legge in parola si introducono nella pubblica amministrazione - sul piano della gestione e della organizzazione dei servizi - strumenti più rispondenti a garantire un'azione amministrativa autenticamente adeguata alle esigenze dell'utenza. Essa costituisce, in tale ottica, un vero e proprio rilancio di tutta la dirigenza statale, stante il fatto che ad essa fa capo una responsabilità di risultati, aggiuntiva rispetto alle altre forme di responsabilità comuni a tutti i pubblici dipendenti (disciplinare, amministrativa, civile verso terzi e penale).
Con tale legge si sono trasformati radicalmente i vecchi rapporti cittadino-Stato. Si è verificata» ... una vera e propria rivoluzione copernicana, portando a considerare il rapporto governati-governanti non più ex parte principis bensì ex parte populi, cioè dal punto di vista dei singoli che di essa debbono avvantaggiarsi, cioè dal punto di vista del cittadino cui dovrebbero essere sempre riconosciute pretese a titolo individuale nei confronti dello Stato-amministrazione (...)» (Caianiello).
È solo una scuola effettivamente autonoma a poter garantire un'azione amministrativa realisticamente ex parte populi. Sono nati e continuano a nascere sempre nuovi rapporti tra cittadini e pubbliche istituzioni, sulla base di una evoluzione della società civile che non si esaurisce e non si ritrova più nel vecchio modello istituzionale dello Stato, ancora con connotazioni centraliste e rigide. Al contrario, è dal basso che si esige l'adozione di modelli organizzativi flessibili, propri e tipici dei sistemi avanzati di autonomia. In senso lato la flessibilità sta a significare la capacità di una persona o di un sistema di adeguarsi a situazioni diverse, in rapporto all'esercizio di una discrezionalità decisionale di cui si è titolari e ad una capacità di esercitare un controllo sull'ambiente. In un sistema di autonomia, la flessibilità si traduce, per i soggetti professionali inseriti nello stesso sistema, nel potere di determinare scelte e di adottare strategie di lungo periodo, influendo sulla realtà esterna con interventi mirati.
Stante, allora, la nuova finalità di scopo di ogni pubblico servizio, ne discende che - per ogni tipo di esso - debbano essere definiti gli standard della prestazione erogata, che altro non sono che i risultati attesi dell'utenza, diverso essendo il problema dei necessari livelli di efficacia ed efficienza dell'ente che eroga il servizio.
La direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 27 gennaio 1994, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 43 del 22 febbraio 1994, definisce i «Princìpi sull'erogazione dei servizi pubblici». In essa, tra l'altro, si afferma che «(...) i soggetti erogatori individuano i fattori da cui dipende la qualità del servizio e, sulla base di essi, adottano e pubblicano standard di qualità e quantità di cui assicurano il rispetto. (...) I soggetti erogatori definiscono standard generali e standard specifici di qualità e quantità dei servizi. I primi rappresentano obiettivi di qualità che si riferiscono al complesso delle prestazioni rese. I secondi si
La valutazione del soggetto discente. Autovalutazione di istituto. Valutazione di sistema.
Alla luce, e in attuazione, dell'articolo 2 della Costituzione, la scuola è una formazione sociale al cui interno il soggetto discente ha il diritto soggettivo e il corrispondente dovere sociale di svolgere la propria personalità attraverso apprendimenti liberi, critici, sistematici e unitari.
La valutazione, allora, costituisce profilo di personalità; da qualunque punto di vista la si voglia riguardare essa ha sempre, a proprio fondamento, la teoria politica che sorregge l'impianto istituzionale dello Stato.
La valutazione, come procedura di accertamento, ha per oggetto gli apprendimenti che la persona discente acquisisce liberamente, criticamente, sistematicamente e unitariamente, nel corso della prestazione didattica, nonché i loro livelli e la loro qualità. Valutando il soggetto discente, si valuta anche il sistema scolastico e, contestualmente, il corpo docente valuta se stesso (processo di autovalutazione).
I diritti, i poteri e i doveri professionali, che costituiscono la funzione docente sono conferiti dal legislatore con una propria e peculiare destinazione di scopo, che è quella della garanzia e della tutela dei diritti inviolabili della persona del discente, all'interno della formazione sociale scuola: diritto inviolabile alla libertà di apprendimento; diritto inviolabile alla continuità di esso; diritto inviolabile alla propria diversità, anche di natura culturale e ideologica (articolo 2 della Costituzione) e del diritto sociale all'istruzione (articolo 34, primo comma, della Costituzione),
La funzione docente in regime di autonomia scolastica. La contrattualizzazione, o privatizzazione, del rapporto di pubblico impiego.
Finalità istituzionale del pubblico servizio scolastico - secondo la Costituzione - è quella di educare, formare anche professionalmente ed istruire la persona del discente.
Vigente, oggi, il nuovo sistema di autonomia della scuola: «L'autonomia delle istituzioni scolastiche è garanzia di libertà di insegnamento e di pluralismo culturale e si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati ai diversi contesti, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti, al fine di garantire loro il successo formativo, coerentemente con le finalità e gli obiettivi generali del sistema di istruzione e con l'esigenza di migliorare l'efficacia del processo di insegnamento e di apprendimento» (articolo 1, comma 2, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 275 del 1999).
Elemento costitutivo primario della funzione docente è il diritto alla libertà di insegnamento: «L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento» (articolo 33, primo comma, della Costituzione). «Le amministrazioni pubbliche garantiscono la libertà di insegnamento e l'autonomia professionale nello svolgimento dell'attività didattica, scientifica e di ricerca» (articolo 7, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che corrisponde all'articolo 7, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, in attuazione del medesimo principio contenuto nella legge di delega n. 421 del 1992, articolo 2, comma 1, lettera c), numero 6).
L'esercizio di essa è diretto a garantire e tutelare sia i diritti inviolabili - primo dei quali il diritto alla libertà di apprendimento - di cui è titolare il soggetto discente all'interno della formazione sociale scuola (articolo 2 della Costituzione), sia la piena fruizione del diritto sociale all'istruzione (articolo 34, primo comma, della Costituzione). Diritti, questi, sanciti in Costituzione e posti a fondamento della nostra stessa democrazia politica. Diritti che, per potersi compiutamente svolgere ed evolvere, hanno bisogno di precise guarentigie, soprattutto oggi, vigente il nuovo sistema di autonomia della scuola, la cui potenzialità espansiva nel territorio conferisce alla libertà di insegnamento la medesima potenzialità in ordine al conseguimento di obiettivi e finalità. Guarentigie del tutto indispensabili in regime di contrattualizzazione, o privatizzazione, del rapporto di pubblico impiego, in cui l'attività
Il ruolo strategico degli organi collegiali delle istituzioni scolastiche autonome.
Una collegialità, come modello organizzativo di tipo funzionale, coerente, coesa e pertinente, al progetto di scuola che si intende realizzare. Una collegialità che implica la presenza di un corpo professionale docente, di cui è parte costitutiva il dirigente scolastico, come soggetto propositivo e soggetto progettuale con una propria e autonoma cultura del servizio da rendere. Una collegialità propositiva e dialettica da garantire anche agli studenti della scuola secondaria superiore, in una prospettiva di costante confronto e di partecipazione attiva di essi alla vita comunitaria e alla consuetudine agli studi. Una collegialità quale fonte di elaborazione degli indirizzi generali, con precise competenze in ordine ai fatti di gestione. Non la scuola della ratio pattizia insita nel contratto collettivo nazionale di lavoro, ma la scuola della partecipazione, del confronto, della dialettica e della effettiva autonomia decisionale.
Di qui, organi collegiali con attribuzioni certe e pienamente agibili, in cui i poteri d'azione e gli spazi d'azione conferiti a ciascuno di essi costituiscano un sistema bilanciato fatto di pesi e contrappesi, proprio nel rispetto del principio della partecipazione - mai comunque disgiungibile dal principio della responsabilità - e delle finalità dello stesso «sistema nazionale di istruzione»: educare, formare anche professionalmente ed istruire il soggetto discente.
La funzione dirigente nella scuola autonoma e i suoi profili organizzativi. Il problema della valutazione dei risultati. L'istituzione della vicedirigenza scolastica.
La normativa delegata riguardante la funzione dirigente nella scuola (decreto legislativo 6 marzo 1998, n. 59; decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165) appare viziata da varie illegittimità per le ragioni che seguono:
a) la norma di delega - articolo 21, comma 16, della legge 15 marzo 1997, n. 59 - prevede il conferimento della qualifica dirigenziale ai capi di istituto nel rispetto della libertà di insegnamento, ferma restando l'unicità della funzione docente e nel rispetto delle competenze degli organi collegiali scolastici. Ciò in quanto la dirigenza scolastica germina dalla funzione docente, ex articolo 33, primo comma, della Costituzione, costituendo di essa forma differenziata. Il dirigente scolastico, infatti, è titolare della medesima funzione e della libertà di insegnamento;
b) analizzando con la dovuta attenzione critica i contenuti del decreto legislativo n. 59 del 1998 (ora articoli 25 e 29 del decreto legislativo n. 165 del 2001), appare chiaro come la delega di cui al comma 16 dell'articolo 21 citato abbia avuto un'attuazione solo parziale e che tale inattuazione si configura elusiva dello spirito e dei fini essenziali della delegazione. Nella redazione del decreto legislativo n. 59 del 1998 il legislatore delegato dell'epoca - per una scelta di natura esclusivamente ideologica e di parte - volle comprimere la dirigenza scolastica su quella amministrativa, la quale ha - a propria fonte generativa - una diversa norma costituzionale: l'articolo 97, secondo comma, della Costituzione: «Nell'ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari». È fuori di dubbio che la nozione costituzionale di funzionario sia profondamente diversa dalla nozione, altrettanto costituzionale, di funzione docente, richiamando esse proprie e specifiche peculiarità ordinamentali tra di loro non assimilabili;
c) la dirigenza amministrativa, in base alla sua derivazione costituzionale, è emanazione organica del potere esecutivo, perciò assolutamente non assimilabile alla dirigenza scolastica. Malgrado ciò, in tema di conferimento degli incarichi, di verifica dei risultati, di valutazione, di mutamento degli incarichi e di mobilità, sono state ritenute applicabili le norme in materia per i dirigenti amministrativi.
In tale previsione, è rilevabile la violazione dell'articolo 76 della Costituzione, in quanto il decreto legislativo n. 59 del 1998, disattendendo i princìpi e i criteri direttivi di cui al citato articolo 21, comma 16, della legge n. 59 del 1997, non ha dettato norme specifiche e puntuali dirette a garantire la peculiarità ordinamentale di tale dirigenza; in secondo luogo, perché il vuoto normativo derivante dall'attuazione parziale della delega è stato colmato applicando le norme dettate, in via generale, per i dirigenti amministrativi, con violazione dell'articolo 3 della Costituzione,
d) nel nostro ordinamento giuridico non esiste un solo prototipo di dirigenza pubblica, alla quale possa essere applicata, pedissequamente e legittimamente, la medesima normativa di status. Al contrario, esistono dirigenze che sono peculiari rispetto ai singoli ordinamenti che le prevedono (come quella scolastica) dei quali esse sono elemento costitutivo. È peculiare sta propriamente a significare il possesso di qualità particolari e caratteristiche, non riconducibili ad una categoria unica di ordinamento. È decisamente peculiare il nuovo sistema di autonomia della scuola, di cui la dirigenza scolastica è elemento costitutivo. La dirigenza scolastica e la dirigenza amministrativa non costituiscono la medesima qualifica funzionale.
«Stante la propria derivazione costituzionale, la dirigenza amministrativa costituisce emanazione organica del potere esecutivo, ad esso legata da rapporto di fiduciarietà che è precario nel tempo, da cui pure deriva il contratto di lavoro a tempo determinato.
Mentre l'attività didattica organizzata è coperta da riserva di legge (articolo 1, comma 3, lettera q), della legge delega n. 59 del 1997), l'attività svolta dai dirigenti amministrativi viene definita, ogni anno ed entro dieci giorni dalla pubblicazione della legge di bilancio, dal Ministro (articolo 14 del decreto legislativo n. 165 del 2001).
Nel primo caso, stante la riserva di legge, non può sussistere alcun rapporto di fiduciarietà tra il Ministro dell'istruzione e il dirigente scolastico. Ciò in quanto la materia "didattica" non è nella disponibilità dello stesso Ministro per cui egli non può - attraverso proprie direttive - definire piani e programmi "didattici" per assegnarli alle istituzioni scolastiche e, per esse, ai dirigenti scolastici della cui gestione sono responsabili.
Nel secondo caso, stante il fatto che è l'organo di indirizzo politico a fissare "gli obiettivi da conseguire, con riferimento alle priorità, ai piani e ai programmi definiti dall'organo di vertice nei propri atti di indirizzo e alle eventuali modifiche degli stessi", si instaura un vero e proprio rapporto di fiduciarietà tra il Ministro che conferisce l'incarico e il dirigente (articolo 19, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, come modificato dalla legge n. 145 del 2002).
È tipico ed esclusivo dei sistemi di autonomia che i vertici delle entità così organizzate (i dirigenti) siano responsabili dei risultati, od obiettivi, da conseguire. Tuttavia, mentre i risultati imputabili ai dirigenti amministrativi discendono dallo svolgimento di compiti ad essi "assegnati" dal vertice politico attraverso proprie direttive, i risultati "istituzionali" di cui sono responsabili i dirigenti scolastici, vale a dire quelli che derivano dallo svolgimento dell'attività didattica organizzata coperta da riserva di legge, discendono dalla realizzazione del piano dell'offerta formativa, elaborato e definito collegialmente all'interno della istituzione scolastica, in base a specifiche competenze definite per legge (...).
La peculiarità ordinamentale della dirigenza scolastica comporta, pure, che tutta la normativa di status debba essere coerente e compatibile con la fonte costituzionale da cui essa deriva (articolo 33, primo comma, della Costituzione), pena la possibile illegittimità della stessa normativa.
Le attuali norme sulla valutazione dei dirigenti sono desunte dal decreto legislativo n. 165 del 2001, per come modificato dalla legge n. 145 del 2002. Esse attengono strettamente alla dirigenza amministrativa, per la quale sono state pensate e definite. I contratti individuali di lavoro dei dirigenti scolastici, sottoscritti nei mesi di luglio e agosto 2002, fanno totale ed espresso rinvio al relativo CCNL che, in materia, fa riferimento esclusivo al decreto legislativo n. 165 del 2001 e, di conseguenza, alle successive modificazioni apportate dalla legge n. 145 del 2002» (L. Molinari - La valutazione del dirigente scolatico. Tipologia dei risultati valutabili. Criteri di valutazione. Procedimento. Impugnative. Schemi di ricorsi innanzi al
La funzione ispettiva tecnica e i suoi profili organizzativi in un servizio ispettivo tutto da ridefinire.
Anche il tema in argomento è stato affrontato in una mia specifica proposta di legge, atto Camera n. 2068, del 5 dicembre 2001, XIV legislatura, relativa a «Istituzione del servizio ispettivo tecnico nazionale della scuola», che qui si intende recepita.
A fronte di circa 10.800 istituzioni scolastiche, tutte con qualifica giuridica di enti di diritto pubblico, non esiste un servizio ispettivo tecnico nazionale della scuola concepito per il nuovo sistema nazionale di istruzione, per come si sta costituendo. Impossibile ritenere che un tale sistema possa decollare, affermarsi e attuarsi nel tempo e nello spazio senza un analogo sistema di controlli tecnici, finalizzati anche alla valutazione dello stesso sistema nazionale e della dirigenza scolastica. Il vecchio corpo ispettivo tecnico, nato per un certo tipo di scuola, ha ormai esaurito il proprio ruolo; numericamente è del tutto irrilevante, stante il fatto che da moltissimi anni non si svolgono più i relativi concorsi.
La stessa riforma degli ordinamenti (legge n. 53 del 2003) rischierebbe di trovare un'attuazione riduttiva, superficiale e, spesso, «localistica», senza il costante supporto funzionale di un rinnovato servizio ispettivo tecnico nazionale.
È principio di fondo di ogni sistema di autonomia che, più si decentrano poteri d'azione e spazi d'azione dal centro alle entità dislocate nei territorio (cioè alle singole istituzioni scolastiche), più va accentrata la gestione del sistema dei controlli, tuttavia dislocato nel territorio (regioni).
In un sistema di autonomia è sempre il centro a governare le strategie politiche e organizzative di intervento. In tale previsione, il sistema dei controlli tecnici, in chiave collaborativa, sull'attività didattica svolta, scaturisce dalla visione strategica che si ha della scuola e delle sue finalità.
Ad oggi, va rilevato che, mentre nel campo dell'attività strumentale delle istituzioni scolastiche (attività amministrativa, contabile e della gestione dei servizi) sono previsti e attuati gli specifici controlli di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286, articoli 2 e 4 (controllo di regolarità amministrativa e contabile e controllo di gestione; controllo di regolarità, peraltro, disciplinato - per le istituzioni scolastiche - dal regolamento di cui al decreto del Ministro della pubblica istruzione 1o febbraio 2001, n. 44, agli articoli 57-60 ed effettuato da collegi di revisori dei conti), nel campo dell'attività didattica organizzata non esiste un analogo sistema di controlli. Peraltro, lo stesso decreto legislativo n. 286 del 1999, all'articolo 1, comma 4, stabilisce che i vari tipi di controllo ivi previsti non si applicano, tra l'altro, all'attività didattica del personale della scuola. L'urgenza di provvedere è di tutta evidenza.
Nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 ottobre 2005 sono previsti (tabella A) anche i posti di funzione dirigenziale.
In base a quanto esposto nella presente proposta di legge e nella citata proposta di
Lo «statuto» del soggetto discente nel sistema di autonomia della scuola.
La definizione compiuta del nuovo sistema di autonomia della scuola, con l'attuazione della legge n. 53 del 2003, esige pure una compiuta definizione dello status del soggetto discente all'interno del sistema. Un assetto di status decisamente equivalente e paritario rispetto a quello del personale docente. È tipico e proprio dei sistemi di autonomia che i soggetti destinatari di prestazioni debbano essere posti sullo stesso piano d'azione, giuridico e organizzativo, dei soggetti erogatori. È nei fatti che il soggetto discente, ancora oggi, non vanti una tutela giuridica - equivalente e paritaria - rispetto a quella del personale docente. Tutela che non è certamente assicurata dal citato regolamento recante lo statuto delle studentesse e degli studenti nella scuola secondaria, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 24 giugno 1998, n. 249, nato più per ragioni ideologiche di parte che istituzionali.
Il problema politico di uno stato giuridico del soggetto discente si pone in rigoroso riferimento, tra l'altro, alla libertà che la Costituzione riconosce - a tratto originario - alla scuola.
Tale libertà è l'«in sé» della nostra stessa democrazia politica; è l'«in sé» delle funzioni professionali, docente, dirigente, ispettiva tecnica; è il presupposto costitutivo e costituente affinché la libertà del discente possa compiutamente realizzarsi all'interno della scuola, assunta come formazione sociale (articolo 2 della Costituzione) e come «sistema nazionale di istruzione».
Sotto tale riguardo la scuola è vivaio di ogni libertà e di ogni democrazia politica, perché è in essa che si apprende intenzionalmente in libertà, avendone il diritto inviolabile e il dovere sociale.
È su questi tre pilastri, la libertà della scuola, la libertà dei soggetto discente e la libertà di insegnamento, che va costruito tutto il «sistema nazionale di istruzione» e definiti i suoi contenuti di merito con riferimento ai vari ordini e gradi di scuola (attuazione della legge n. 53 del 2003 e definizione del presente «Statuto»).
È in sede di Conferenza nazionale sulla scuola, svoltasi a Roma dal 30 gennaio al 3 febbraio 1990, che fu sottolineata la necessità di una legge quadro sui diritti degli studenti.
Nella relazione conclusiva della prima commissione, interna alla Conferenza, che si occupò dell'autonomia della scuola, fu sottolineato - tra l'altro - che: «(...) va posta maggiore attenzione al profilo che sta alla base e costituisce il fine ultimo dell'attività formativa e cioè quello dei diritti degli studenti. Una carta di questi diritti è stata ritenuta particolarmente utile proprio in un contesto che si muove verso forme più accentuate di autonomia. L'autonomia scolastica - ed è questa l'ultima osservazione - non è un valore in sé, è un valore in quanto stimola e favorisce il libero sviluppo della capacità dei docenti e della personalità degli studenti. Caduto il limite estrinseco all'autonomia, che deriva da una concezione ormai superata dello Stato, resta e si rafforza il suo limite intrinseco, che è costruito dalla sua stessa finalità: quello di promuovere lo sviluppo della persona». Nel corso dei lavori della
Brevi considerazioni conclusive.
Un progetto politico di scuola democratica, in grado di garantire le differenziate